venerdì 31 dicembre 2010

Dicembre, 2010, Italia

Bene, eccoci qui, anche quest'anno sta volgendo al termine: ma prima di strappare l'ultimo foglio dal calendario ci tenevo a dedicare un'ultimo pensiero al mio caro Paese.

Ancor prima che il nostro caro Presidente avrà preso la parola stasera mentre saremo alle prese con un baccalà marinato o il capitone fritto, noi già sapremo cosa ci hanno regalato questi dodici mesi appena trascorsi e già potremo indovinare cosa avranno in serbo per noi i prossimi dodici: niente.
Niente di nuovo, niente che cambi, niente che si rimetti a posto. Perché siamo ancora convinti che una terza persona singolare dai tratti eterei ed intangibili possa portare fortuna ad un disgraziato o maledire il più innocente degli uomini; o in alternativa che un solo uomo al comando possa risolvere i problemi di una Nazione intera, dopo essere fermo al palo dopo più di tre lustri.

Questo mese che sta per concludersi è sembrato così uguale agli altri che lo hanno preceduto e così rappresentativo di come tutto resti sempre ineffabilmente uguale da farci vivere l'ennesimo déjà vu collettivo.
Soltanto in questo dicembre abbiamo assistito ad un esecutivo che doveva cadere e non è caduto per un governo che non ha i numeri per governare e non governerà con una Corte Costituzionale che non si esprime perché teme influenze politiche quando dovrebbe essere il contrappeso principale del potere politico.

In precedenza abbiamo vissuto un intero anno di debito pubblico in aumento, di prodotto interno lordo a crescita praticamente nulla, di occupazione in calo e di una nuova generazione con un destino peggiore di quello dei loro padri scritto e controfirmato da una classe dirigente trenta, quaranta, cinquant'anni più anziana e decrepita di lei.

E ancora: un anno di sondaggi, un anno di promesse, un anno di spazzatura per le strade (non solo di Napoli) e in tivvù o sui giornali. Un anno di sbatti il mostro in prima pagina, un anno di figli di politici che entrano in consiglio comunale, un anno di parenti e amici assunti nell'azienda del comune, dal più grande d'Italia giù fino all'ultima comunità montana. Un anno di "Pompei è crollata un altra volta" "Guarda che la prima volta si trattò di un'eruzione" "No, no, c'è stato un altro crollo ieri", un anno di bunga bunga, un anno di (non solo per amor di par condicio) Letta jr in tivvù e dei suoi lettiani (l'ho ascoltata su TgLa7, ve lo giuro). Un anno di cucine a Montecarlo, un anno di programmi culinari a tutte le ore, un anno di Avetrana tra un programma culinario e l'altro. Un anno di plastici da Vespa, un anno di presentazioni del libro di Vespa con i politici accanto, un altro anno passato a chiedermi "ma i giornalisti non dovevano essere i nemici del Palazzo?". Un anno di editoriali di Minzolini, un anno di metodo boffo e di macchina del fango, un anno di Bocchino prima da una parte e poi dall'altra, boh. Un anno di studenti sui tetti dell'università, un anno di Bersani sui tetti dell'università, un anno di spazzacamini, insomma. Un anno che mi sono rotto le palle di ricordare, un anno che se lo vai a raccontare fuori di qui nemmeno ti credono, un anno che se gli cambi i nomi dei personaggi e lo racconti ai protagonisti non ti credono nemmeno loro. Un anno da dimenticare, un anno di cui avrò già dimenticato qualcosa scrivendo, un anno che sarà difficile fare peggio.
Ed un anno, il prossimo anno, in cui sono certo che ci riusciremo. A fare peggio, dico.

Buon 2011 a tutti.

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