venerdì 24 dicembre 2010

Mea Culpa

Voglio innanzitutto porgere le mie scuse ai pochi ma cari lettori di questo spazio per la mia improvvisa scomparsa. Non mi aspettavo le dimostrazioni di stima e gli incitamenti ad andare avanti raccolti in questi giorni e devo dire che mi sono sentito doppiamente vigliacco (cit. per palati fini, fini con la minuscola, eh) per aver sospeso il mio blog. Perciò, con la promessa di evitare nuovi prolungati silenzi e ritornare a scrivere con costanza, mi impegnerò a ritornare su ogni argomento che avrei voluto e dovuto trattare in queste settimane e che ho invece trascurato.

So di non potermela cavare così e lo sapevo ogni qualvolta avevo intenzione di riprendere a battere su questa tastiera: dovevo trovare una scusa convincente per il mio abbandono.
Inizialmente pensavo di poter approfittare del triste esempio dei politici e dei calciatori italiani. I primi avevano deciso una sospensione dell'attività parlamentare fino al voto di sfiducia del 14 dicembre, i secondi avevano proclamato una domenica di sciopero dai campi della Serie A: entrambi in sostanza non avrebbero "lavorato" per ben due settimane. E suonava vagamente provocatorio come le due corporazioni più seguite degli italiani potessero in contemporanea incrociare le braccia, o le gambe.
Ma se qualcuno credeva a questo genere di coincidenze, il blocco duopolistico italiano è stato presto sciolto dalla categoria "lavorativa" delle due più responsabile: i pallonari, ovviamente, che revocarono per tempo il loro sciopero.

Insisto con quel genere di virgolettato perché è il punto di partenza di un lungo elenco di somiglianze tra i due mondi che non può non destare inquietudine.
Gli appartenenti di entrambe le sfere vengono pagati profumatamente per svolgere attività delle quali qualsiasi altro italiano si occuperebbe gratuitamente. Gli stessi protagonisti, al pari degli spettatori/elettori, mancano il più delle volte delle più basilari concezioni di tolleranza o fair play. Da una parte cresce l'astensionismo, dall'altra gli stadi sono sempre più vuoti. Da una parte i politici sono sempre in tivvù, dall'altra in tivvù c'è sempre una partita da guardare. Da una parte la qualità dello spettacolo è sempre più bassa, dall'altra piove sempre di più, governo ladro. Da una parte i conti delle società sono sempre più in rosso, dall'altra il debito pubblico del Paese va sempre più in alto. Da una parte si abbandonano i vivai, dall'altra abbiamo un giovane su quattro disoccupato. Da una parte l'unico confronto tra le parti avviene in un regime perenne di violenza verbale se non fisica e dall'altra... dall'altra pure.

Chiusa qui la digressione, dicevamo che rimaneva soltanto la politica ad incaponirsi nel suo lassismo. Perché se da una parte è vero, è la Costituzione stessa a recitare che una mozione di sfiducia non può essere votata prima di 3 giorni dalla sua presentazione in aula, dall'altra nessuno è riuscito ad accorgersi che quattro settimane, di cui le ultime due di ozio integrale, forse erano un'esagerazione. Perché in quelle due settimane, ognuno dei 950 parlamentari ha continuato a percepire il suo salario (rimborso, ci tengono a precisare; e prometto a breve un resoconto il più dettagliato possibile sull'entità dello stesso: vi anticipo soltanto che per 14 giorni senza far nulla siamo almeno sui 9.000 euro esentasse più bonus).

Perché poi in due settimane trovare un parlamentare con un mutuo da pagare o un'agopuntura che faccia discordia all'interno del proprio partito non è poi così difficile. Il problema è che non si capisce il motivo per il quale il nostro caro premier abbia dovuto ricorrere a tanto, a meno che non si avvalli la teoria dei grugniti di Di Pietro: quella di evitare di farsi giudicare per reati di cui continua a dichiararsi innocente. Perché non c'era nulla di meglio per le forze di governo che vedersi spegnere da un'opposizione incapace di mettere insieme una maggioranza alternativa e ripresentarsi così alle urne esente dalla responsabilità della fine di una legislatura che avevano iniziato con una sessantina di parlamentari di vantaggio. Continuo a pensare che per la premiata ditta B&B non si sarebbe potuta presentare occasione migliore e continuo a ritenere il loro strategicamente un passo falso, politicamente il peggior governo possibile per il Paese.

Ogni giorno pensavo a come e quando ritornare a scrivere, ve lo assicuro. Ma non era facile farlo, non con i conati di vomito che ti coglievano puntualmente ogniqualvolta incrociavi il volto di Scilipoti in tivvù, salito nel frattempo alla ribalta per il suo movimento (da uno schieramento all'altro) di responsabilità nazionale; quando assistevi agli spettacoli indecenti di La Russa; mentre tentavi di capire cosa stava mugugnando Di Pietro; nei momenti in cui ti chiedevi se davvero Bersani stava sostenendo quello che aveva appena detto.
Potrei continuare a lungo in questo elenco bipartisan di orrori politici perché erano sotto gli occhi vostri come quelli miei. Ma così proseguendo non farei altro che aderire alla condotta standard di quegli stessi ceffi fin qui da me (e dal buon senso comune) deplorati: di quanti per discolparsi delle proprie negligenze scaricano le proprie responsabilità sul prossimo o si appellano al "così fan tutti" della lordura diffusa.
Perciò non mi resta null'altro da fare che recitare il Mea Culpa.

Buon Natale a tutti.

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