domenica 31 ottobre 2010

Balli di Gruppo


C'è una linea sottile che divide la vicenda Ruby da tutti i cucù alla Merkel, le barzellette blasfeme e le dichiarazioni più varie ed inopportune offerte da Silvio Berlusconi negli ultimi sedici anni.
Mentre gli altri episodi (sui quali si potrebbe divagare per pagine) possono ricollegarsi esclusivamente al suo comportamento estroso e bizzarro, le disavventure della figlia di Mubarak portano alla luce un caso, l'ultimo di una lunga serie riguardante B., di abuso di potere.

giovane dentro
Perché telefonare ad una questura chiedendo (ed ottenendo) di poter prelevare una persona in stato di fermo è una prevaricazione delle competenze d'ufficio, oltre che un esercizio oltre i limiti dei propri poteri: beninteso i poteri di un Presidente del Consiglio, e non quelli personali di chi è investito di tale carica.
È poi del tutto ininfluente che quella telefonata possa aver interessato una giovane conoscente del suddetto premier, perlomeno fino a quando non saranno accertate ulteriori violazioni della legge riguardanti lo sfruttamento di una minorenne. L'illegittimità di quella telefonata è nella richiesta avanzata dal mittente e non nell'entità della persona che andava a favorire.

Quanto appena detto è utile anche per inquadrare i connotati dell'aggressione incostituzionale avanzata da parte di Berlusconi, dall'inizio della sua carriera politica, alla carica di Presidente del Consiglio, da lui oggi rappresentata: l'assimilazione dei poteri istituzionali assunti con carattere temporaneo con le libertà personali che sono invece permanenti. Un requisito, questo, ripresentato nel corso della storia, in misura ovviamente maggiore, soltanto dalle monarchie assolute.
Questa volontaria confusione tra sfera privata e pubblica è confermata dalla continua proposta da parte del leader del PdL, durante questi lunghissimi 16 anni, dei suoi successi e della sua immagine personale come i migliori spot per la sua popolarità e la conquista del consenso elettorale. Confusione che ha sempre permesso a B. e ai suoi discepoli di poter archiviare sotto lo stesso fascicolo sia le accuse riguardanti la sua estrosità e bizzarria di cui sopra, sia le critiche alla sua azione di governo, permettendo che ogni azione illecita rimanesse impunita. Ogni accusa, anche quando verteva unicamente sulla sua attività da primo ministro, viene artatamente trasformata in critica moralista alla sua condotta personale, convertendo ogni scandalo politico in una persecuzione privata da parte dei nemici comunisti o magistrati (o entrambe le cose insieme).
Secondo questa logica, diventava gossip, per fare un esempio, ogni notizia di ragazze avvenenti che ottenevano candidature politiche o favoreggiamenti da parte delle istituzioni in cambio di un giro di bunga bunga in una delle 20 abitazioni del caro premier.
Ma questa volta il gioco (no, non il bunga bunga) potrebbe saltare. Il sopruso istituzionale è talmente evidente da non poter essere offuscato dai connotati privati e immorali (illegali?) che comunque non mancano nella vicenda di cui B. s'è reso protagonista stavolta.

Giova infine ricordare che mentre il premier si prodiga con ogni mezzo per garantire la libertà ad una minorenne, c'è un Paese intero (ma sempre più spaccato) alla soglia dei 150 anni rimasto prigioniero della più completa noncuranza delle istituzioni.
E se adesso sono in due a ballare il bunga bunga, presto potremmo essere in 60 milioni a ballare l'hully gully. Allora B. provi a fare una telefonata anche per noi, prima che sia troppo tardi: quella al Quirinale per avanzare le sue dimissioni.
Una telefonata, si sa, può allungare la vita.

venerdì 29 ottobre 2010

Punchball


Può accadere, mentre si condanna un episodio di aggressione come quello di cui è stato vittima mercoledì il il portavoce del PdL Daniele Capezzone, di eseguire una silenziosa ma risoluta opera di discriminazione: offrire due diverse valutazioni e due diversi trattamenti alla violenza fisica e alla violenza verbale.

La differenza tra le due forme di aggressione è invece una soltanto e non possiede una rilevanza tale da ammettere diseguali livelli di deplorazione. Molto semplicemente: contro la violenza fisica, diversamente da quella verbale, la vittima possiede minori o nessuna possibilità di difesa.

Da sempre, però, la risposta ad un attacco frontale, lessico o corporale che sia, può non limitarsi alla difesa personale ma prevedere anche una controffensiva, portando spesso a intrecciarsi i due livelli di violenza: a pugno o insulto si può risponde con un pugno o con un insulto, oppure con entrambe le cose insieme. Lo sciame d'odio in questo modo rimbalza da una parte all'altra sino a raggiungere la rissa, fisica o verbale.

A volte capita anche che la vittima non riesca a vedere a chi appartenga la mano che lo ha colpito e non possa così difendersi, ma può pur sempre reagire. Può prendersela, per esempio, con chi nel suo immaginario già ricopre il ruolo del nemico, e arrivando così ad accusarlo dell'aggressione senza troppi giri di parole. Ovviamente senza alcuna prova e, soprattutto, senza trovare un momento per fare autocritica.

Ogni riferimento a fatti o cose realmente accaduti non è puramente casuale (leggere per capire).

martedì 26 ottobre 2010

Alè oh-ooo


Fortunatamente quella sopra riportata non è il ranking FIFA per nazionali di calcio, bensì la certamente meno temibile classifica dei sistemi politici meno corrotti al mondo secondo Transparency International.
L'Italia si piazza ad un onorevolissimo 67mo posto, dietro a quasi tutti i Paesi dell'OCSE e dell'Unione Europea, ad una manciata di Stati di cui si ignora l'esistenza e a numerose Nazioni africane, asiatiche, oceaniche e latinoamericane a caso ma...

...siamo davanti al Brasile!
Ecchissene se non si tratta del giuoco del pallone: era dai tempi di Paolo Rossi che non li battevamo.

p.s.: purtroppo arriva puntuale l'invito da parte del Segretario Generale dell'OCSE Angel Gurria a prendere con le dovute cautele la classifica sopra riportata.
E nel Bel Paese già si grida all'ennesimo caso di vittoria mutilata.

lunedì 25 ottobre 2010

Tra il Dire e il Fare


Il giorno dopo la chiusura del primo congresso di Sinistra Ecologia e Libertà, si sono sprecati i commenti politici di corredo. Tutte le luci sono ovviamente state puntate sul leader Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia.
Le critiche più curiose riguardano la sua capacità oratoria: da destra come da sinistra, in tanti si sono dichiarati scettici a proposito, come tante volpi incapaci di raggiungere l'uva dell'innata capacità di coinvolgere l'elettore e stabilire con lui un rapporto di simpatia e partecipazione, fosse anche momentanea, legata al tempo di un'orazione. "Tante belle parole che non dicono nulla": è l'accusa più comune, recitata in tutte le salse.

ora et labora
Forse però i suoi denigratori dimenticano che Vendola è l'unico leader di un partito dell'area di sinistra ad avere:
a) un esperienza da capo di un consiglio esecutivo, fosse anche soltanto quella di una Regione;
b) un esperienza da capo di un consiglio esecutivo oggi;
c) un esperienza da capo di un consiglio esecutivo giunta al secondo mandato consecutivo.
E sulla recente conferma elettorale aggiungo: guardate le ultime elezioni regionali, quante sono state le regioni in cui la coalizione di centro-sinistra è riuscita a confermarsi al governo? Sette. Ora sottraete a questo numero il totale delle regioni "rosse", con una forte prevalenza di un elettorato di appartenenza e/o di una palese tendenza a sinistra? Il risultato fa 1: la Puglia.
I tre punti e l'osservazione di fatto di cui sopra non vogliono raggiungere alcuna conclusione diversa da questa: Vendola sarà, anzi sicuramente è, un ottimo oratore, magari con la tendenza a farcire i suoi discorsi più di belle parole che di proposte o fatti concreti a tal punto da far storcere il naso ai più pragmatici, ma ciò non significa assolutamente che le proposte e i fatti non ci siano. Come non mancano i punti di criticità.
Da una parte la leadership nazionale nel campo delle energie rinnovabili, dall'altra le inefficienze e le finanze disastrate del sistema sanitario regionale. Nel mezzo, ancora da compiersi pienamente, le lotte al lavoro nero e alla criminalità organizzata.
Senza fare l'apologia della politica del leader di SEL, ritengo siano ridicole tutte le critiche rivoltegli da parte di chi non solo non ha le sue capacità, ma non ha neanche le sue esperienze di governo. Sono inaccettabili le critiche da parte di chi si è abituato a perdere e non ha mai fatto nulla verso chi ha vinto, rivinto, costruendo qualcosa o almeno provandoci.

Sul futuro di Vendola di più non mi esprimo: sono ancora scottato da quando criticai la sua logica, quanto meno sintattica, di "dividersi da Rifondazione Comunista per rifondare la sinistra", per poi osservare neanche due anni dopo che i risultati gli danno ragione. Dico soltanto, che a proposito di "fare", è giunto il momento per il Governatore della Puglia di affrontare l'ultimo banco di prova: la difficile (usiamo un eufemismo) gestione della sanità regionale. L'attenuante dell'eredità lasciatagli da Raffaele Fitto, talmente bravo e con talmente tanti procedimenti giudiziari a carico da meritarsi l'attuale Ministero agli Affari Regionali, potevano valere per il primo mandato. Ora non ci sono più scuse: se nei prossimi quattro anni che gli rimangono alla guida della Puglia riuscirà a compiere anche questo "miracolo", nulla più potrebbe essergli precluso. Soprattutto in una stagione di carestia come questa per la sinistra italiana.

venerdì 22 ottobre 2010

498 volte No




Il 21 settembre scorso, la Camera dei Deputati si è espressa in merito al disegno di legge avanzato dal deputato dell'IdV Antonio Borghesi, che chiedeva l'abolizione dell'assegno vitalizio destinato a tutti gli onorevoli parlamentari di oggi e di ieri. 498 sono stati i voti contrari (a fronte di 22 a favore dall'Italia dei Valori e 5 astenuti) ad una proposta che abbatteva la possibilità che ci possa essere qualcuno in Italia capace di garantirsi un'agiata pensione dopo soli 5 anni di attività, mentre tutti gli altri cittadini e contribuenti sono costretti a lavorare per circa 40 anni.

Quei 5 anni, poi, dovrebbero essere la norma: bisogna sapere, infatti, che una legislatura assegna vitalizi a tutti i parlamentari, anche a quanti dimessi prima del tempo, non appena superi la metà del suo corso regolare, ovvero 2 anni e 6 mesi.
Un provvedimento che non solo garantirebbe una coerenza e una giustizia sociale, ma che recherebbe anche un notevole risparmio per le casse del Paese.

troppi, troppo costosi, troppo lontani


Questa votazione si teneva un mese fa. Un mese, giornalisticamente parlando, può sembrare un'era geologica, un ritardo mostruoso. Ma io non sono un giornalista e ho pensato fosse doveroso condividere ugualmente questa notizia, soprattutto dopo essermi accertato della carenza di diffusione che la stessa aveva ricevuto a tempo debito.
D'altra parte, da un punto di vista strettamente storico, ciò accadeva "appena" 31 giorni fa. Chi ha votato contro questa proposta sacrosanta sono gli eletti alle scorse, ultime elezioni politiche; quelli, per essere più chiari, scelti dalle segreterie di partito senza passare dalle preferenze degli elettori.


Ciò che ho appena riportato è solo uno dei tanti esempi concreti di una classe politica che perde il suo tempo ad accusarsi l'un l'altro, fazione contro fazione, di non comprendere e di non saper rispondere alle necessità della popolazione; senza però accorgersi di come si stia allontanando sempre più compatta e inerte (tranne in rari e saltuari casi di mosche bianche) dall'intero Paese, e non soltanto dai suoi problemi. Un'èlite che vive in mondo tutto suo, restia a confrontarsi con la gente e soprattutto riluttante ad un ricambio al suo interno che avviene soltanto secondo logiche di età (leggi decesso o demenza senile). La differenza tra questa classe dirigente boriosamente autoreferenziale e le difficoltà della nostra Nazione si fa sempre più abissale, intangibile ma allo stesso tempo palese. Una differenza che credo si possa provare a quantificare con quei 498 "no" che vi ho appena raccontato.

Eppure la teoria direbbe che nei Paesi migliori è la classe politica a indicare la strada del progresso ai propri cittadini, prevedendone le sfide del futuro e rispondendo anzitempo ad ogni esigenza; mentre nei Paesi soltanto decenti è il popolo a far emergere le questioni da affrontare proponendole ai politici, che in tempi più o meno brevi riescono a fornire soluzioni soddisfacenti.
I fatti dicono che in Italia, invece, non solo non c'è nessuno in grado di prevedere il futuro, ma non c'è nemmeno qualcuno che badi al presente: ci sono soltanto occhi rivolti al passato, nello sconfortato rimpianto di quei tempi in cui si stava meglio quando si stava peggio.

giovedì 21 ottobre 2010

I Paladini della Giustizia


Da bambino impari che i più grandi paladini della giustizia di giorno trascorrono la propria vita comunemente come tutti gli altri, per poi entrare in azione con il calare delle tenebre. I cittadini, esclusi ovviamente i malfattori, li adorano e trovano conforto soltanto nel sapere che, una volta tramontato il sole, ci saranno loro a badare affinché tutto vada per il verso giusto.
Poi cresci, e comprendi che questi supereroi vivono solo nei fumetti, nei cartoni animati e, perché no?, anche nei cinema. I tuoi sonni allora cominciano ad essere turbati e le ore diurne non vanno poi tanto meglio: lo sconforto ti prende nel vedere che ogni cosa va male e che nessuno farà niente per cambiare le cose.

Fino a quando non compaiono loro, i nuovi paladini della giustizia: gli F.L.I.
inflessibili tutori della legge
Li guardi in tivù, quasi come fossero anche loro dei cartoni animati, ma no, non lo sono. Loro sono "veri" stavolta: sono in carne ed ossa.
Certo, di notte preferiscono dormire comodamente nel proprio letto, ma in compenso di giorno svolazzano per ogni dove ad annunciare che la giustizia verrà fatta valere e che i condannati saranno garantiti tra le mani delle forze dell'ordine.
E la speranza, si sa ultima a morire, si riaccende. Quello che fino a poco tempo fa era rimasto il sogno disincantato di milioni di bambini, scopri finalmente che è diventato realtà. E non vedi l'ora di tornare alle urne per avere la possibilità di votarli.

Altro che Uomo Ragno o Uomo Pipistrello, gli Uomini Impunità sono tanti e hanno anche i superpoteri, riescono a dire tutto e a fare il contrario di tutto: perfino a proclamare la legalità come punto di battaglia del proprio partito e poi a votare contro l'autorizzazione a procedere in tribunale nei confronti di un ex-ministro indagato per corruzione e a favore del lodo Alfano retroattivo. Nello stesso giorno, nel giro di poche ore.
Riescono ad essere ovunque, a trarre reti di collaborazione ovunque, a rendersi ricattabili ovunque e a non farsi processare ovunque. Anche i cattivoni, però sono ovunque e non muoiono mai. Ma i nostri beniamini hanno un animo talmente buono da non volere che i "nemici" vengano annientati: ed è solo per garantire pari riconoscimento ad entrambi i sentimenti di pietà e di giustizia che continueranno a combatterli fino alla stremo delle forze su ogni schermo televisivo, rimanendogli nel frattempo accanto e votandogli puntualmente la fiducia in Parlamento.

maschera di Shpalman
Infine, come ogni supereroe che si rispetti, anche loro indossano una maschera, unica per tutti quanti, in modo da nascondere la loro vera identità, e soprattutto quanti ne sono realmente. Il che non fa altro che incrementare la curiosità della popolazione che pagherebbe pur di sapere chi si celi dietro quei costumi...

...o forse, tornando un attimo seri, per capire con quale faccia riescano a portare avanti discorsi a proposito della legalità dopo tutti i provvedimenti che hanno votato non soltanto ieri, ma negli ultimi sedici (16) anni.
Spero per loro soltanto che abbiano dei mantelli abbastanza grandi per nascondere interamente la loro figura.

mercoledì 20 ottobre 2010

Questione di Fiducia


Ci sono tante cose in cui una persona può credere. Cose grandi, immense, ma anche cose piccole, dalla quotidianità semplice, immediata. Cose delle quali probabilmente non riuscirà a sapere mai se erano vere o fittizie, se faceva bene a riporci su la propria fiducia oppure no. Cose che rimangono presunte.
Anche a proposito di cose di questo genere.
Io voglio presumere che tutto ciò non sia un modo per farsi della pubblicità. Voglio presumere che quanto stanno montando su giornali e internet non sia soltanto un modo per incrementare le aspettative del pubblico riguardo lo spettacolo che a breve verrà trasmesso per il tubo catodico.
Voglio credere che questa polemica sia in buonafede, anzi che sia indispensabile affinché il programma non solo vada in onda, ma mantenga inalterate le caratteristiche con le quali era stato ideato.
Ma credendo in questo nego ostinatamente la ragione che conta uno ad uno tutti gli indizi che incontrovertibilmente portano ad una teoria contraria, opposta: ciò che sta saltando fuori in questi giorni ricalca passo per passo il manuale perfetto della campagna pubblicitaria occulta.
Nella televisione di oggi l'evento rimane impresso negli occhi e nei pensieri degli spettatori come Evento solo se viene cucito a regola d'arte come tale. Il pubblico premia lo show televisivo; l'aspettativa lo eleva ad un grado superiore, lo mette nella bocca di tutti, crea scalpore o, quando va bene, genera un dibattito.
Che questo copione possa essere recitato a fin di bene (indurre la gente-pubblico alla riflessione) o a fin di male (accaparrarsi contratti pubblicitari migliori) o entrambe le cose insieme non fa differenza, io voglio solo sperare che questo copione non esista. O perlomeno che non siano gli ideatori del programma ad averlo scritto.
Per il semplice motivo che non lo ritengo onesto.
Perché voglio credere che andranno in onda tutte e quattro le puntate inizialmente previste e che nulla o quasi verrà intaccato, ridotto o censurato rispetto al progetto iniziale. E voglio credere che per mandare sullo schermo tutto com'è, siano servite, anzi siano state strettamente necessarie le polemiche e le proteste di questi giorni.

è tutto un accordo?
Voglio fidarmi della professionalità di un conduttore televisivo che ho sempre visto rifuggire le luci della ribalta a tutti i costi e del quale stimo le capacità dimostrate sino ad oggi sullo schermo.
Voglio fidarmi di una rete rimasta praticamente isolata nel fornire servizi di informazione ai cittadini (vedi Report, vedi Presa Diretta, vedi Ballarò che rimane checché se ne dica la tribuna politica meno parziale in circolazione, vedi il TG3 che continua a dare notizie in TV che altri non danno).
Voglio fidarmi soprattutto della credibilità una persona che vive sotto scorta da anni per avere denunciato come tanti altri i soprusi della camorra pagandone il prezzo sulla propria pelle; che più di quei tanti altri ha conosciuto sì gli onori della notorietà, ma anche gli oneri della costante lotta e sensibilizzazione contro le organizzazioni mafiose.
Voglio continuare a fidarmi di quest'ultimo in particolar modo, superando tutti gli scetticismi miei personali del passato e le polemiche estive riguardanti le sue pubblicazioni con Mondadori. Fidarmi come quella volta che vidi l'auto della sua scorta trasportarlo per le vie di Perugia e con i miei amici applaudii al suo passaggio.

lunedì 18 ottobre 2010

Indegnità e Indignazione


Ci sono notizie che non interessano più a nessuno. Forse perché non indignano nessuno, o almeno non più di un omicidio efferato successo a centinaia di chilometri da casa propria.
Capita così che una giovane vita tristemente spezzata oramai da giorni possa portare alla ripetuta negligenza di quanto succede attorno alla propria esistenza quotidiana. Capita che alcune notizie passino in secondo piano, o non vengano date, oppure siano soltanto accennate e sfuggano così all'attenzione dell'indifferenza generale.
Forse perché era qualcosa che davamo per scontato, forse perché non ci meravigliamo più di niente, forse perché sorge l'abitudine ad ogni genere di sopruso. Abituarsi al male è ancora più grave del male stesso che si tende a sopportare, perché porta a disperdere il personalissimo, e al tempo stesso sociale, senso di indignazione, rendendoci passivi e inoffensivi al peggio, a non riconoscerlo quando arriva.

Avrò probabilmente avuto io un'impressione sbagliata, ma questa notizia non ha destato il sufficiente scalpore, l'adeguato disgusto e soprattutto un'opportuna reazione.
Che esistano le mafie in Italia ormai è dato per assodato; che ci siano personaggi vicini alle mafie posizionati in ruoli chiavi dell'economia e della politica italiana non ne fanno segreto nemmeno gli stessi sospettati.
Ma che vengano denunciate irregolarità tra le candidature alle ultime elezioni amministrative e che le Prefetture ed il Ministero degli Interni siano riluttanti a collaborare è l'ultima goccia che non riesce a far traboccare un vaso che proprio non ne vuol sapere. Eppure di gocce ce ne sarebbero abbastanza per esondare. Ovunque.

preoccupato
Credo di aver commentato fin troppo la gravità della vicenda.
Non starò qui ora a tessere le lodi del Presidente della Commissione Bicamerale Antimafia Beppe Pisanu, ma va dato semplicemente atto del lavoro fatto da lui e dagli altri componenti della commissione.
Che l'allarme sia lanciato da un esponente della maggioranza dovrebbe far capire quanto questa situazione sgradevole sia ripartita tra tutte le forze politiche e debba preoccupare chiunque unanimemente, eletti ed elettori.
Ma anche questa volta ci sarà un bel da fare per combattere l'ostruzionismo, il garantismo preventivo, l'impunità, il garantismo ad oltranza, la giustizia personale, la presunta innocenza fino al terzo grado di giudizio, il partigianismo, le pernacchie alla giustizia uguale per tutti.
Anche questa volta sarà troppo chiedere che i nomi vengano fuori subito dalle indagini e che gli indegni siano conseguentemente dimessi da qualsiasi loro incarico istituzionale in attesa che si concluda il corso giudiziario. E che magari vengano segnalati e sanzionati a dovere i prefetti reticenti a collaborare con i due piani di indagine.
Sì, decisamente troppo. Troppo poco per incazzarsi a dovere.