venerdì 11 febbraio 2011

Questione di contraddittorio

Giorno X, Giuliano Ferrara e Augustolo Minzolini si recano in udienza dal premier a Palazzo Giochi Grazioli.
Giorno X+1, lo stesso Ferrara interviene in studio  durante l'edizione delle 20 del TG1.
Il soliloquio dell'elefantino, di rado interrotto dall'ospitale conduttrice, dura 6 (sei) minuti: un'enormità di tempo considerati gli spazi esigui di un telegiornale (sempre se quello diretto da Minzolini possa ancora considerarsi tale). Un'enormità di tempo impiegata a sconfessare i puritani guardoni comunisti e difendere i gaudiosi festivi del Padrone del Consiglio dei Ministri, arrivando persino a scomodare la filosofia di Immanuel Kant pur di far quadrare il cerchio.
Ma chi nasce tondo, si sa, non può morire quadrato, tanto quanto un abuso di potere non può essere trasformato in gossip o un minorenne non può arrivare alla maggiore età prima dei diciott'anni.

Il problema sostanzialmente è questo: c'è un modo per far capire a chi governa questo Stato, in procinto di denunciare lo stesso Stato, che la televisione del solito Stato non è sua disposizione come fosse un cinegiornale fascista qualsiasi?
Coloro che si lamentano dei Ballarò e degli Annozero, dove un contraddittorio tra le parti è comunque garantito ogni sera, sono gli stessi che mandano in solitaria il teorico del berlusconismo di cui sopra sul tiggì più guardato d'Italia, oppure ritagliano sul quinto canale una rubrica fissa mattutina per il Belpietro o il Facci di turno in cui poter pontificare contro la minaccia rossa senza contraltare.

Perché chi guarda le trasmissioni di Floris o Santoro nel 90% dei casi già sa dove destinerà il suo voto in cabina elettorale; diversamente da quelle casalinghe che la mattina accendono in buonafede la televisione per avere un po' di compagnia mentre sbrigano le faccende di casa e si ritrovano il faccione e, soprattutto, il vocione del direttore di Libero che tenta di spiegargli l'inopinabile.
Non è un'eresia sostenere che politicamente sposta più mezzora di Belpietro la mattina o una telefonata di Silvio in seconda serata a Signorini piuttosto che una stagione intera di Lerner, Annunziata e Travaglio in tivvù: questi ultimi parlano ad un pubblico già fortemente politicizzato che difficilmente flotterà il suo voto da una coalizione all'altra, invece la propaganda del PdL punta agli indecisi, li va a stanare nelle loro case, dove non arrivano giornali ma soltanto la voce della D'Urso e dei suoi amici.

2 commenti:

  1. Innegabile. Eppure non lo si riesce a spiegare. Il fatto è che anche chi si informa, a volte, parte dal presupposto di avere già la verità in tasca quindi vede in Santoro una costante accusa senza contraddittorio (che poi non si vede l'urgenza di tale pratica visto che Berlusconi rifiuta ogni tipo di invito a trasmissioni dove non può concordare le domande prima) e in Belpietro o Minzolini il ripristino della giustizia mediatica. Perché il problema non è solo la casalinga colpita a tradimento dal programma della D'Urso, ma anche il cosiddetto cittadino medio che pensa di aver già capito tutto e che, davvero, si viva come sotto la Stasi. Poi chiedi loro se conoscono le differenze tra potere politico, legislativo e giuridico e questi, che se la fanno rapidamente spiegare da Libero, ti guardano come se fossi un alieno. Del resto è il paese in cui spopola Grillo che ha una ricetta per tutto; tanto non deve spiegare come ottenerla, basta dire giovani, aria pulita, giustizia.

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  2. La differenza è sostanziale: tutte le trasmissioni "nelle mani dei comunisti" portano in studio contemporaneamente sia la maggioranza che l'opposizione, e quei format che prevedono un invitato alla volta (vedi "In 1/2h") distribuisce bene gli ospiti (anzi l'Annunziata preferisce intervistare la componente di centrodestra).
    Dall'altra parte, invece, il più delle volte abbiamo solo monologhi di regime: tolto "L'ultima parola", il resto è senza contraddittorio. In più il governo fa comunicazione con i telegiornali, prospettiva ancora più subdola: perché un conto è offrire un opinione parziale mentre si fa approfondimento su una notizia, un'altro conto è proporre quella stessa notizia già condita di parzialità.
    Purtroppo ragionamenti del genere non hanno possibilità di esistere in questo Paese: l'opinione diffusa vuole che i mezzi di comunicazione siano in mano alla sinistra e così deve essere.
    Grillo è l'ultima formula dell'antipolitica, del popolismo più becere, del qualunquismo all'italiana; però è anche un campanello d'allarme: fenomeni come questi nascono e si evolvono nei periodi in cui le cose sembrano toccare il fondo (dico sembrano perché in Italia in realtà un fondo non c'è). La crisi dei partiti all'europea è più visibile nel contesto nostrano, ma soluzioni all'orizzonti attualmente purtroppo non se ne vedono: la stessa magistratura che si sta prendendo l'onere e l'onore di far fuori Berlusconi, francamente fa paura.

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