L'incredibile successo della manifestazione che oggi ha coinvolto centinaia di piazze italiane e più di un milione di cittadini in tutto il Paese ha la sua forza in un elemento raramente riscontrato prima in occasioni del genere: la semplicità.
Semplice era il messaggio da lanciare come semplici erano le persone scese per strada per rivendicarlo: non teorie per combattere la crisi e non poche radical chic (contate di persona dal Min. Gelmini), bensì cittadini qualsiasi, comuni (e non comunisti), che gridavano la propria chiara ed inequivocabile ragione.
Le donne non sono solo un oggetto creato per il divertimento degli uomini, non sono merce di scambio o strumenti di corruzione: un grido semplice e soprattutto indivisibile. Perché non c'è nessun margine di trattativa che possa portare ad una concertazione riguardanti i diritti morali (e non solo) del genere femminile, nessuna corrente interna che possa spaccare le loro pretese, nessuna presa di posizione diversa che possa prescindere dal riconsegnare la propria dignità al gentil sesso.
Ma ancora più genuini erano i protagonisti nelle piazze: donne di tutte le età, da sole o con i propri partner e talvolta anche con prole al seguito, e senza alcuna bandiera partitica. Una massa innocente, disciplinata, che non viene trascinata verso il basso come avviene di solito, quando tutte le opinioni si appiattiscono puntualmente attorno a quelle del più stupido: una folla pacifica nel suo modo di esprimersi, ma apparentemente rivoluzionaria per i segnali che vuole lanciare ad un Paese fondamentalista come il nostro per il suo maschilismo congenito.
Certamente non sono dimostrazioni di piazza come queste che fanno cadere un governo; però la speranza è che possa avviare almeno un processo di miglioramento nella mentalità e nella percezione della gente.
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